nota di Massimo Florio

Giorgio Fuà è stato fra i maggiori sociali italiani del secolo scorso.

La Fondazione intende promuovere i filoni di studio su cui Fuà si è esercitato, nella convinzione che tali temi siano tuttora di grande attualità per chi voglia misurarsi con i problemi dello sviluppo economico e sociale, particolarmente in contest, come quello del nostro paese, in cui convivono aree e settori che si collocano sulla frontiera dell’innovazione e della competitività internazionale, aree di arretratezza e stagnazione, e aree con caratteristiche intermedie.

Fuà è stato sempre molto interessato al laboratorio italiano, pur avendo una vasta esperienza internazionale, proprio per la varietà di modelli di sviluppo che esso consente di studiare. Molte delle intuizioni derivanti dalla scoperta di tratti originali e specifici di alcuni meccanismi di sviluppo tipici del caso italiano, si riveleranno poi fruttuose per una più ampia indagine sugli ingredienti della crescita e del benessere.

La Fondazione si propone di proseguire quel lavoro, proponendo soprattutto ai giovani ricercatori qualche opportunità per ulteriori progressi. Non si tratta di coltivare l’esegesi e la memoria fine a se stessa del lavoro di un economista, sia pure illustre, ma di rilanciare un approccio e dei temi di ricerca, nella consapevolezza che gli obiettivi scientifici spesso, prevalenti nel contesto tradizionale degli studi di economia, rischiano di trascurare un prezioso patrimonio di idee interdisciplinari e di una lezione etica e civile di perdurante attualità .

Quali sono questi filoni di indagine che sembrano meritevoli di essere tuttora perseguiti?
Ce lo dice lo stesso Fuà in una breve nota autobiografica (consultabile qui ) e sul sito dell’Istao l’istituzione da lui fondata e che insieme alla Facoltà di Economia di Ancona sono le sedi formative che ha lasciato ai giovani di oggi.

Giorgio Fuà sul suo lavoro

«Nel lavoro scientifico ho cercato di attenermi alla tradizione degli economisti classici intesa nel senso che essi (come è scritto altrove) “si dedicarono ai grandi problemi della società in cui vivevano e dettero ai loro insegnamenti un contenuto ed una forma tali da offrire lumi per la coscienza civile e l’azione politica”, facendo di economia politica e riforma sociale un binomio inscindibile.
Mi sono quindi sforzato di studiare “i problemi della società nella loro concretezza e completezza, nella loro prospettiva storica e nel loro quadro istituzionale”, per arrivare a proposte operative. Ho spesso privilegiato i metodi di analisi quantitativa, avendo cura di scegliere sempre la più semplice tra le tecniche analitiche atte a raggiungere lo scopo e di evitare l’esibizione virtuosistica di un tecnicismo fine a se stesso.
Nella pubblicazione dei risultati delle mie ricerche mi sono costantemente preoccupato di offrire testi brevi (in quanto sfrondati di ogni elemento inessenziale) e scritti con la massima chiarezza. Con ciò si rischia che qualcuno giudichi superficiale lo studio e banale la conclusione, ma è un rischio che affronto deliberatamente.

Una parte delle mie pubblicazioni non sono lavoro individuale, ma risultato di ricerche di gruppo da me dirette. Ho dedicato una forte quota delle mie energie alla formazione e guida di gruppi di ricerca, convinto che ciò faccia parte dei miei compiti d’insegnamento.
Dopo aver fornito ragguagli sui metodi, debbo ora elencare i principali temi della mia produzione scientifica.Il filone centrale, iniziato nel 1940 e continuato fino ad oggi, riguarda i seguenti temi tra loro interconnessi: crescita e sviluppo economico, economia della popolazione, occupazione, livello di benessere.
Per brevi periodi mi sono concentrato su altri temi tra cui ricordo: l’inflazione, la programmazione economica nazionale, il risparmio, la tassazione, la politica del territorio.
Circa l’ambito geografico, la maggior parte dei miei studi riguarda l’economia italiana; un nucleo minore si concentra sulla mia regione, le Marche; uno studio singolo che tuttavia mi ha impegnato intensamente e lungamente esamina i problemi specifici di sei paesi europei (tra cui l’Italia) che hanno iniziato a svilupparsi in ritardo rispetto agli altri».

Su questi temi la Fondazione si propone, nei limiti delle proprie possibilità, di contribuire ad un risveglio di interesse, favorendo il passaggio del testimone intellettuale fra quella generazione di economisti politici italiani del secolo scorso e le forze più giovani, che meritano di ereditare un patrimonio di intuizioni, di spunti, di esempio di ricerca applicata, e soprattutto di domande aperte che attendono risposta.